Il racconto di un canto come quello “Semo de Cinturini” per comprendere la società operaia dell’inizio ‘900
… Allora c’era l’autarchia, facevamo la juta con la ginestra; se strappava tutta! Pe’ guadagnatte la giornata ai telai, una strappata de mezzo tessuto pe’ bàlla, dovevi sta’ lì, prima dovevi infilalla sull’ago, poi fa’ il nodo, poi reinfilallo sull’altr’ago, poi mettela a parte perché se la tessitura non era para te levavano soldi.
(Celsa Paganelli, operaia della Centurini, 1936)
Semo de Cinturini è un canto delle lavoratrici dello jutificio Centurini, fondato a Terni all’inizio del ‘900 dall’ingegnere Alessandro Centurini, il cui cognome in ternano veniva inevitabilmente trasformato in “Cinturini”.
Il canto è stato raccolto da Lucilla Galeazzi , cantante, cantautrice, studiosa e ricercatrice appassionata, che ha dedicato la sua vita al recupero della musica tradizionale della sua terra, l’Umbria.
Nello jutificio, che produceva filati e tessuti di juta per sacchi di imballaggio, lavoravano circa 1300 donne, in condizioni difficilissime, perché vivevano in ambienti estremamente malsani e maleodoranti, costrette a respirare peli di juta, rischiando continuamente di ferirsi le mani con i telai e tutto questo per uno stipendio da fame.
Come se non bastasse, le operaie venivano anche prese in giro perché, anche quando staccavano, portavano addosso le conseguenze di un lavoro decisamente nauseabondo.
Però, il canto delle “Centurinare ” rivela un grande orgoglio, perché le donne, anche se sfruttate, avevano la possibilità di guadagnare un salario, seppure minimo e questo dava loro la possibilità di affermare la loro identità, di dare un valore al loro lavoro e di riscattarsi da una condizione che da sempre aveva visto le donne lavorare nei campi, alle dipendenze del marito o della famiglia.
Le operaie dello jutificio Centurini erano combattive e sempre in prima fila nella rivendicazione dei i loro diritti. Erano battagliere e ribelli, non accettavano compromessi di alcun tipo e spesso, a causa di questo loro comportamento, venivano ignorate dalle organizzazione sindacali e politiche. Anch’esse, insieme a tante altre lavoratrici, parteciparono al grande sciopero del 1901, durato ininterrottamente 43 giorni e duramente represso. Grazie alle lotte e al coraggio delle “Centurinare”, lo jutificio divenne nel tempo l’emblema dell’indipendenza femminile di quella zona.
L’azienda venne chiusa definitivamente agli inizi degli anni Settanta.
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